Un viaggio nel Reame di Tonga (Polinesia) è un'esperienza indimenticabile che ti segna. Il 40% della popolazione vive sì al di sotto della soglia di povertà, ma è straordinariamente vicina alla natura e lontana anni luce dal nostro stress.
Qui tutto entra nella catena alimentare, dal cocco al cane (il randagismo è diffusissimo).
Ogni capanna ha il suo stuolo di maiali e si caratterizza per essere un ambiente unico, privo di pareti, in quanto il tongano utilizza la casa solo per dormire o per ripararsi dalla pioggia, trascorrendo l’intera giornata all’esterno.
La mentalità tongana è particolare e per un occidentale quasi impossibile da comprendere.
Se ha fame, il tongano mangia, se è stanco, si riposa. Non chiedete a un tongano che ore sono, nessuno ha l’orologio.
L’aneddotto più caratteristico è quello della prigione, che abbiamo visto da lontano, una capanna aperta.
Al nostro taxista abbiamo chiesto come mai e la risposta è stata…”se devono scappare…scappano”!
I Tongani non si possono certo definire belli, tranne qualche rara eccezione e anche le donne sono ben lontane dal concetto di bellezza polinesiana che ci è stato tramandato negli ultimi secoli, a partire da Melville con il ben noto Taipi sino alle splendide immagini di Folco Quilici nel suo “Ultimo Paradiso”.
La maggior parte della popolazione è fortemente in sovrappeso in quanto, pur vivendo in un regime di povertà, la natura offre tutto quanto necessario per il sostentamento, anche se, curiosamente, uno dei piatti preferiti – e oramai tradizionali - è il pesce al forno, ripieno di “corned beef” vale a dire carne in scatola!
I bambini piccoli vivono fuori dalle abitazioni e i ragazzi vanno quasi tutti a scuola, anche nei piccoli centri ci sono sempre delle scuole.
I Tongani si vantano di non essere mai stati colonizzati.
Sono però stati “cristianizzati” negli anni 50 e la religione si è diffusa in tutto l’arcipelago, sia pure nelle diverse confessioni. In ogni centro, anche piccolo, sono presenti spesso tre o anche quattro chiese di diverse confessioni, dalla cattolica alla anglicana. Assistere alla messa cantata la domenica è un’emozione indescrivibile, tutti arrivano vestiti a festa ed eseguono potentissimi canti seguendo note su un libriccino, numerate da 1 a 9.
Il Turismo è poco diffuso e quasi tutte le attività del settore sono gestite da stranieri, i quali sostengono che i tongani non sono in grado di gestire niente in proprio per i seguenti motivi:
- anche il miglior cuoco di Tonga dopo una settimana è stufo di lavorare e molla tutto;
- anche ammesso che un’attività renda il tongano verrebbe arrivare i suoi trenta familiari che, facendo leva sul concetto che quello che appartiene ad un membro della famiglia appartiene a tutti i familiari, manderebbero ben presto in rovina il “business”.
La scarsità di strutture turistiche è forse un bene perché consente di mantenere incontaminata la bellezza dei luoghi. Del resto i prezzi che applicherebbero i tongani non avrebbero concorrenza con gli europei, basti pensare che per una notte ad Eua (unico resort gestito da tongani che abbiamo incontrato) si spendono 10 euro, contro i 100 richiesti dalle strutture “europee”.
Principale attrattiva turistica sono le balene megattere che vengono qui a riprodursi nella stagione da giugno a ottobre e sono un incontro pressoché certo e possibile addirittura nuotarci insieme ed osservarle spruzzare e saltare felici da riva. I fondali sono incontaminati ma non presentano barriere coralline variopinte come, ad esempio, in Mar Rosso.
Come detto l’esperienza di viaggio traccia un solco indelebile nell’anima ed è curioso ritrovarsi nel traffico frenetico e veder litigare per una precedenza non data o un posteggio conteso. Dopo alcuni mesi purtroppo si ritorna nell’ingranaggio del pensiero europeo, ma quando si ricordano i ritmi ed il respiro di vita di quelle isole è possibile fermarsi un secondo e riflettere sull’inutilità di tanti nostri atteggiamenti frenetici.